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Ovviamente non crediamo ai miti pagani o di altra natura. Ma bisogna tenere in gran conto il significato profondo di alcuni miti. Okeanos è quanto mai significativo. I visitatori della Fontana di trevi a Roma conoscono il mito di Okeanos?

Antonio Pileggi
Presidente di Okeanos

venerdì, novembre 05, 2010

LA “RIVOLUZIONE MORALE” INVOCATA DAI LIBERALI con un appello, rivolto anche al Papa, da parte del segretario del PLI, Stefano de Luca

Non accade sovente che il Segretario di uno dei Partiti di ispirazione segnatamente laica scelga la data di una festa religiosa per lanciare un appello rivolto alla generalità dei cittadini, alle forze politiche e sociali e alle stesse gerarchie religiose, Papa compreso. Eppure sul sito del PLI, Partito Liberale Italiano, è apparsa una nota dal seguente titolo:“Un pensiero di Ognissanti del segretario Stefano de Luca: Innanzi tutto rivoluzione morale”. Nell'invocare una “stagione di recupero della eticità dei valori nazionali e del desiderio di un rinnovato orgoglio del lavoro”, de Luca non risparmia critiche: dal degrado morale al degrado idrogeologico, dai tentativi di secessionismo della Lega al pericolo di separatismo della Sicilia, dalla crisi economica al lavoro che manca e che origina una dispendiosa cassa integrazione, dai pericoli che corre l'intero Paese dal fatto che ci siano due regioni, Campania e Calabria, dominate dalla delinquenza organizzata. E non resta nel vago quando indica il modello di moralità auspicata, perché prende a riferimento la “moralità intransigente, di stampo luterano e calvinista” che ha caratterizzato la nascita delle “società più liberali del mondo”. Stefano de Luca ha in mente un disegno politico preciso: “il terzo polo liberaldemocratico” da costituire come  “ una sorta di CLN”. In buona sostanza il PLI ci prova ed osa a far riprendere quota ad un pluralismo che, di fatto e in buona sostanza, è attualmente tagliato fuori dalla scena politica italiana sia perché le due maggiori formazioni politiche (di maggioranza e di opposizione) hanno interesse ad avvicendarsi, a turno e alla stregua di un duopolio, alla guida del Paese e sia perché la ineffabile legge elettorale, definita una porcata dal suo artefice principale, favorisce indecorosamente siffatta situazione. L'analisi politica che fa de Luca è di estrema serietà, come serie e costruttive sono le proposte. Il tempo e i tempi sono spesso determinanti: “tempus regit actum”. In politica la parola mai non esiste e sembrano maturi i tempi per una rivoluzione morale in cui abbiano ampio rilievo il pensiero e la cultura liberale. D'altronde, la ricetta de Luca sembra un antidoto contro le manifeste e ormai dominanti idee di tutti coloro che pensano alla politica come strumento di appropriazione, di tipo feudale, delle pubbliche istituzioni. Sta di fatto che le potenzialità del PLI sono enormi perché ha alle spalle una tradizione di uomini illustri le cui idee e il cui esempio possono essere presi a riferimento per una vera “rivoluzione morale”. I giovani e i meno giovani, nel PLI, potrebbero trovare una miniera inesauribile di pensiero e di cultura liberale di cui appropriarsi per farne una bandiera di rinnovamento. Il pensiero va a Gobetti, a Einaudi, a Valitutti, giusto per fare tre esempi che incarnano tre diversi aspetti: il carattere coraggiosamente rivoluzionario fino al sacrificio personale contro la dittatura fascista (Gobetti), il rigore nel campo politico, istituzionale ed economico (Einaudi), lo spessore culturale (Valitutti). Stefano de Luca ha scelto il momento giusto per lanciare questa singolare iniziativa che si rivolge a laici e cattolici? Sarà raccolto il suo appello? Ci sarebbero altre domande da porre, ma è molto difficile trovare risposte in una situazione (stagione) in cui le forze politiche che si richiamano al pluralismo si trovano svantaggiate per innumerevoli motivi. Novembre 2010.  Antonio Pileggi   Ecco il link dell'articolo: http://www.partitoliberale.it/

lunedì, novembre 01, 2010

La scuola di Adro svela il disegno ancora in atto per destrutturare il sistema scolastico italiano

Non bisogna sottovalutare quanto accaduto e quanto può ancora accadere ad Adro o in altre località. L'episodio dei simboli del partito della Lega imposti in una scuola pubblica di Adro è l'ultimo atto di un disegno preciso rivolto a destrutturare il sistema scolastico italiano. Grazie alle iniziative del quotidiano il Fatto e dei democratici, il Ministro della Pubblica istruzione è stato costretto, con “sorpresa” del sindaco di questo “ardito” comune, a farsi promotore di interventi rivolti alla rimozione dei simboli leghisti. Mentre scrivo questa nota, apprendo dal Corsera e da un telegiornale che, dopo la sorpresa per l'intervento tardivo del Ministro della Pubblica Istruzione, il sindaco ha dichiarato che sarebbe disponibile a rimuovere i simboli della Lega solo a fronte di una richiesta del Capo della stessa Lega. A questo punto la vicenda dimostra che siamo arrivati ad una situazione la cui gravità non può essere sottovalutata. Se al Palazzo della Minerva ci fosse stato un autentico liberale e un vero democratico, penso al Ministro della Pubblica Istruzione Salvatore Valitutti, episodi come quelli di Adro non si sarebbero verificati. Valitutti, che prima di essere nominato Ministro era stato anche Provveditore agli Studi, avrebbe troncato sul nascere una qualsiasi iniziativa come quella del comune di Adro. Adro, com'è noto, ci ha già dato prova di un precedente attacco di tipo discriminatorio nei confronti dei bambini figli di genitori che non avevano pagato la retta della mensa. Lo sconvolgimento, in danno dei bambini, di ogni principio fissato nella Costituzione e nella Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, è anche il connotato di idee e di linee politiche che camminano sulle gambe di una classe dirigente che non si fa scrupolo di agire in spregio ai valori e ai principi che pensavamo fossero patrimonio culturale comune a tutti i cittadini dell'Italia e dell'Europa. Abbiamo constatato quanto sia grave la “semplificazione plebiscitaria” nella gestione, a tutti i livelli, della cosa pubblica. La “semplificazione plebiscitaria” è molto pericolosa perché azzera ogni diritto delle minoranze e facilita sia le esecrabili dittature della maggioranza che il razzismo di vario genere. Solo per restare al livello dei sindaci, non dimentichiamo che sono state introdotte riforme, anche e non solo attraverso leggi elettorali favorite dal partito trasversale dei sindaci, che attribuiscono ad un sindaco più poteri di quanto non ne avesse il podestà. Sono poteri che non trovano più adeguati controlli di natura politica negli organi collegiali elettivi. Ci sono sindaci che nemmeno presenziano ai consigli comunali. D'altronde, la sostanziale mancanza di separazione tra responsabilità politica e responsabilità di gestione è stata accompagnata dalla sistematica demolizione dei sistemi di controllo. E senza un adeguato sistema dei controlli per prevenire e sanzionare abusi e illegittimità, ogni arbitrio diventa possibile. Inoltre, quando non ci sono controlli, diventa difficile anche risalire alle responsabilità, che non possono essere limitate alle remote responsabilità politiche o alle improbabili e impraticabili responsabilità penali. Ad Adro è ormai evidente un disegno politico preciso che vuole demolire la scuola pubblica così come costruita dall'unità d'Italia in poi. E non dimentichiamo che la nostra scuola ha avuto uno sviluppo significativo e importante in sessantadue anni di Repubblica nata dalla Resistenza e regolata da una delle più belle Costituzioni del mondo. Ad Adro, dopo la faccenda della discriminazione dei bambini nella mensa, hanno lanciato con arroganza la provocazione dei simboli della padania. E' da auspicare che, in futuro, ad Adro o in qualunque altro luogo dell'Italia non sia messo in atto il reclutamento diretto e “ad libitum” da parte delle singole scuole di docenti e di personale scolastico. Bisogna stare molto attenti. I problemi della scuola e del sistema scolastico sono molteplici e complessi. Non si esauriscono in aspetti burocratici o in ambiti meramente localistici oppure all'insegna di una esasperata autonomia delle singole scuole. La questione del reclutamento (e della formazione) dei docenti è un aspetto molto serio. Nessuna scuola può essere migliore dei propri insegnanti e nessun grande Paese, nella sua dimensione nazionale ed europea, può avere scuole migliori dei propri insegnanti. Ecco perché i docenti non possono essere formati o assimilati ad una scuola (o ad una idea) di partito. Nelle vicende di Adro ho sentito molti invocare l'intervento del Prefetto e del Provveditore agli Studi. Quanti italiani sanno che dal 2000 i Provveditorati agli studi sono stati soppressi ed è stata anche abolita la professione di Provveditore agli Studi esistente fin dalla legge Casati del 1859? Era una professione composta di circa cento funzionari nell'intero territorio nazionale. I particolari requisiti di alta qualificazione richiesti per l'accesso a tale professione erano valutati dal Ministero della Pubblica Istruzione. I compiti erano delicati perché i Provveditori agli studi erano preposti al presidio della legalità e dello sviluppo del sistema scolastico nel territorio. Il Capo della Lega, Bossi, è un personaggio politico temerario, ma per niente sprovveduto. Chiedeva, fin dalla nascita della sua formazione politica e con insistenza, la soppressione delle Prefetture e dei Provveditorati agli Studi. Per la soppressione dei Provveditore agli Studi è stato accontentato da un governo di centrosinistra. Per la soppressione dei Prefetti (e delle prefetture) non ha insistito perché ha chiesto e ottenuto, dalla destra, il Viminale. Roma 19 Settembre 2010 Antonio Pileggi

Aspettando la mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro Bossi

Roma 28 settembre 2010. Su facebook e sul sito del Capo gruppo PD alla Camera dei deputati, Dario Franceschini, si legge: ''Le parole del ministro Bossi su Roma e i romani definiti ''porci'' hanno superato ogni soglia di tollerabilità e anche nelle reazioni non si può continuare a catalogarle nella categoria delle parole sfuggite o di cattivo gusto ma bisogna recuperare la capacità di reagire nelle sedi istituzionali proprie quando un ministro della Repubblica offende lo Stato, le istituzioni e il ruolo stesso che ricopre pro-tempore.” ...” proporrò alla presidenza del gruppo di presentare una mozione di sfiducia individuale al ministro Bossi''. ''In questo modo l'aula e ogni singolo parlamentare di maggioranza e di opposizione dovranno pronunciarsi individualmente con l'appello nominale sulla conciliabilità delle parole di Bossi e il suo ruolo di ministro''. Questa iniziativa di Franceschini è veramente importante perché sottopone al dibattito nel Parlamento, e non nei teatrini televisivi o nei giornali, l'esame del linguaggio ineffabile usato da chi ha particolari e specifici compiti, retribuiti, nelle Istituzioni democratiche. E' appena il caso di sottolineare che, per la retribuzione dei compiti dei Ministri, si attinge dalle casse dello Stato italiano, cioè dal denaro versato dai cittadini alle istituzioni preposte a raccogliere tasse e contributi. E' quindi venuta l'ora, forse per la prima volta in Italia, di vedere in diretta televisiva la faccia di tutti i deputati, donne e uomini, che daranno la fiducia al ministro Bossi e che, quindi, saranno inequivocabilmente solidali con un personaggio che ha costruito la sua personale fortuna politica e la fonte dei suoi proventi economici (stipendio da ministro compreso) usando e abusando di un ineffabile linguaggio mai adeguatamente contestato e contrastato. Sta di fatto che Bossi è sempre stato, a dir poco, temerario nel linguaggio e nei suoi obiettivi politici e quello che fa e che dice non è da sprovveduto, ma da persona che ha scientemente voluto e vuole l'offesa e le conseguenze delle sue offensive. Ogni suo ineffabile comportamento gestuale o verbale prelude ad uno scopo preciso, che non è solo quello di sviare l'attenzione dell'opinione pubblica da altri importanti e consistenti affari in cui, a vario titolo, è interessato. E' stato sempre così da quando è nata la Lega. Ed è stato sempre un gravissimo errore politico non contrastare tempestivamente e fermamente siffatti comportamenti. Ciò che dice e che fa la Lega non è goliardia o folklore da prendere alla leggera o con un sorriso. Necessitano risposte serie e forti. Bossi, ad ogni "battuta" lasciata senza adeguata contestazione e senza immediato contrasto genera, tra l'altro, la convinzione che il capo della Lega e i suoi seguaci siano onnipotenti. E bisogna essere fermi e decisi, a cominciare dalla moralizzazione nel linguaggio, perché le parole sono pietre e perché l'Italia non è la Jugoslavia alla vigilia della sua frantumazione. Sarebbe ora che si faccia una seria e visibile battaglia per RICORDARE A TUTTI che "i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento...". Ho riportato tra virgolette l'art. 54 della Costituzione, che non è carta straccia, ma la vera bibbia laica del nostro Paese. Antonio Pileggi

I messaggi educativi a base di ineffabili linguaggi, polenta e coda alla vaccinara

Ieri in Piazza Montecitorio, davanti al Parlamento, è stata celebrata una sceneggiata a base di polenta e coda alla vaccinara in un sorprendente rito tra politici della medesima parte politica che hanno voluto dimostrare come l'ineffabile linguaggio usato dal Capo della Lega Bossi, quando ha chiamato porci i romani, sia stato il frutto di una battuta scherzosa. Sembrerebbe che, durante la celebrazione, sia stato cantato anche un inno che recita: “che ce ne frega, che ce ne importa”. La vicenda era stata preceduta, per la prima volta in Italia, da un sussulto di dignità di alcuni politici (della parte avversa) che, attraverso un dibattito nel luogo più alto della democrazia partecipativa e rappresentativa, cioè il Parlamento, volevano sfiduciare il ministro Bossi noto per il suo ineffabile linguaggio, linguaggio che ha connotato il successo politico del medesimo Bossi e dei suoi seguaci. E' appena il caso di ricordare che in Italia ci sono brillanti carriere politiche che passano attraverso dichiarazioni e gesti che sono messaggi molto "educativi" del tipo, dobbiamo considerare Roma una "ladrona", dobbiamo essere “cattivi”, dobbiamo segregare in carrozze di tram differenti i non cittadini, dobbiamo fare gesti volgari, dobbiamo insultare la bandiera italiana, etc. Sarebbe stata la prima volta in Italia che linguaggi e gestualità ineffabili sarebbero stati affrontati sotto l'aspetto dell'etica pubblica e sarebbe stata un'ottima occasione per mettere sotto i riflettori la natura, il contenuto e la portata di un importantissimo articolo della Costituzione, cioè l'art. 54 che così recita: "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore...". Diffondere, in occasione della discussione della sfiducia, la conoscenza del fatto che la Costituzione prevede questi comportamenti improntati a disciplina e onore avrebbe disturbato parecchi personaggi che occupano le istituzioni e che sono quotidianamente impegnati a diffondere l'idea che abbiamo una Costituzione “catto-comunista”, “brutta e cattiva e poco adatta alla modernità”, desueta e superata dalla "Costituzione materiale". Avevo sottolineato questi aspetti riferiti alle disposizioni costituzionali con una nota che usa nel titolo il gerundio: “Aspettando la mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro Bossi”. Subito dopo la presentazione formale della mozione di sfiducia, il sussulto di dignità è stato, stranamente, fermato da scuse di Bossi che sarebbero state pronunciate non so bene in quale luogo istituzionale. E la mozione di sfiducia è stata ritirata dal luogo istituzionale dove era stata presentata. Io non ho parole per commentare tutte queste vicende, compresa la sceneggiata a base di polenta e coda alla vaccinara celebrata nella Piazza antistante il Parlamento. Mi limito a sottolineare che la storia della conquista del potere da parte del fascismo e del nazismo è anche la storia della violenza e della rozzezza dei linguaggi (gestualità compresa) usati da gruppi organizzati nel territorio con connotati quasi sempre identitari. Il razzismo, l'antagonismo territoriale, il dichiararsi cattivi, la violenza verbale, sono i caratteri identificativi della sottocultura di tutti i regimi autoritari. La storia insegna che è un gravissimo errore politico sottovalutare il linguaggio violento e rozzo. Tutte le volte che vengono sottovalutati i linguaggi e i messaggi della politica si è destinati a soccombere, specialmente di fronte a chi usa le parole come pietre. Io appartengo alla scuola di pensiero che considera queste pietre le armi letali che possono sottoporre a lapidazione la democrazia e la Costituzione della giovane Repubblica italiana. Roma 7 Ottobre 2010 Antonio Pileggi

Le parole che segnano un periodo storico: ventennio a cavallo della fine del ventesimo secolo ed inizio del ventunesimo

L'uomo, com'è noto, si distingue dagli animali soprattutto per l'uso della parola. E la storia dell'umanità si può scrivere considerando le parole che segnano una determinata epoca. Nel ventennio a cavallo della fine del ventesimo secolo ed inizio del ventunesimo, il vocabolario italiano ha finito con l'assumere connotati e significati che coincidono con l'agenda politica. Il lessico, o meglio la storia del lessico, sta segnando, parola per parola, un'epoca governata da colui, il cavaliere, che decise di scendere nel campo della politica. Quali parole sono entrate nell'agenda politica? Eccone alcune: “escort”, “bunga bunga”, “meno male che Silvio c'è”, “toghe rosse”, “legittimo impedimento”, "trattamento alla boffo", “Papi”, “veline” (non nel senso usato in altra epoca per significare le direttive, ovvero le censure preventive, inviate dal Potere ai giornali del regime), “meteorine”, "mignottocrazia", “lettone di Putin”, “Partito dell'amore”, "Partito del predellino", “ghe pensi mi”, "cucù" nel senso della "diplomazia del cucù". Se a ciò si aggiungono le parole, la gestualità e gli slogan della Lega di Bossi, c'è materiale per scrivere un trattato di storia dell'Italia. Mi fermo qui perché i "confini" si potrebbero allargare a proposito della materia riguardante non solo il contesto, ma anche la nota "contestualizzazione" del peccato e dei peccati. Fuori da tale contesto, ricordiamo altre parole usate in epoche diverse e lontane: « Qui ad Atene noi facciamo così. Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi, per questo è detto democrazia. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende le proprie faccende private. Ma in nessun caso si avvale delle pubbliche cariche per risolvere le questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato a rispettare le leggi, anche quelle non scritte la cui sanzione risiede soltanto nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso. La nostra città è aperta ed è per questo che non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così » Il discorso di Pericle tratto da “La guerra del Peloponneso” di Tucidide. Questa nota viene scritta osservando ciò che accade in Italia, addì 29 Ottobre 2010. Antonio Pileggi