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Ovviamente non crediamo ai miti pagani o di altra natura. Ma bisogna tenere in gran conto il significato profondo di alcuni miti. Okeanos è quanto mai significativo. I visitatori della Fontana di trevi a Roma conoscono il mito di Okeanos?

Antonio Pileggi
Presidente di Okeanos

mercoledì, luglio 28, 2010

I MALANDRINI DI COLLODI

Derubato da malandrini, va a chiedere giustizia, ma il giudice lo manda in prigione dove resta per 4 mesi. Successivamente dichiara di essere un malandrino e non un semplice derubato. A questo punto il carceriere, levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli apre le porte della prigione e lo lascia scappare. Questo, in poche parole, è il riassunto dell'episodio che fa luce sul sistema giustizia e sul sistema carcerario del mondo descritto da Carlo Collodi. Rileggiamo, testualmente, l'episodio. ”Pinocchio alla presenza del giudice raccontò per filo e per segno l'iniqua frode di cui era stato vittima; dette il nome, il cognome e i connotati dei malandrini, e finì col chiedere giustizia. Il giudice lo ascoltò con molta benignità: prese vivissima parte al racconto: s'intenerì, si commosse e quando il burattino non ebbe più nulla da dire, allungò la mano e suonò il campanello. A quella scampanellata comparvero subito due can mastini vestiti da giandarmi. Allora il giudice, accennando Pinocchio, ai giandarmi, disse loro: “Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d'oro: pigliatelo dunque e mettetelo subito in prigione.” Il burattino, sentendosi dare questa sentenza fra capo e collo, rimase di pincisbecco e voleva protestare: ma i giandarmi, a scanso di perditempi inutili, gli tapparano la bocca e lo condussero in gattabuia. E lì v'ebbe a rimanere quattro mesi: e vi sarebbe rimasto anche di più, se non si fosse dato un caso fortunatissimo. Perché bisogna sapere che il giovane Imperatore che regnava nella città di Acchiappa-citrulli, avendo riportato una grande vittoria contro i suoi nemici, ordinò grandi feste pubbliche, luminarie, fuochi artificiali, corse di barberi e velocipedi, e in segno di maggiore esultanza, volle che fossero aperte le carceri e mandati fuori tutti i malandrini. “Se escono di prigione gli altri, voglio uscire anch'io” disse Pinocchio al carceriere. “Voi no”, rispose il carceriere perché voi non siete nel bel numero...” “Domando scusa”, replicò Pinocchio, “sono un malandrino anch'io”. “In questo caso avete mille ragioni” disse il carceriere; e levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli aprì le porte della prigione e lo lasciò scappare. Malandrini e vittime di reati, nel mondo descritto da Collodi, sono sottoposti ad un trattamento che privilegia i malandrini, nei confronti dei quali c'è effettiva benevolenza da parte del giudice, del carceriere e, ovviamente, dell'imperatore. In carcere ci finiscono e ci restano i poveri diavoli, mentre i malandrini hanno e godono di leggi di favore, di porte del carcere aperte e di “rispetto”. Antonio Pileggi

giovedì, luglio 22, 2010

Le idee dei Liberali italiani sulla scuola

Il 21 luglio 2010, nella Sala delle Colonne della Camera dei Deputati, il Partito Liberale Italiano ha organizzato un interessante evento per affrontare il tema delle riforme. I lavori sono stati coordinati da Pietro Paganini. E’ stata messa a fuoco la situazione politico-istituzionale italiana nel contesto della grave crisi del Paese senza perdere di vista il contesto internazionale che è stato illustrato direttamente da un significativo intervento di Emil Kirjas – Segretario Generale Liberal International. A cominciare da Stefano De Luca, Segretario del Partito Liberale, tutti i relatori hanno offerto utili spunti di riflessione sulle possibili iniziative politiche dei Liberali. Sarebbe troppo lungo citare i diversi interventi che sono stati tutti interessanti sia per la capacità di analisi che per i contenuti delle proposte formulate. Nel convegno non sono mancati i riferimenti alla formazione, alla provenienza e alla composizione della classe dirigente nell’attuale panorama politico-istituzionale italiano. Il tema della scuola è stato accennato in qualche intervento, ma non è stato analizzato in dettaglio a causa della molteplicità degli argomenti trattati. A margine del convegno, in particolare in due diversi colloqui, uno con Stefano De Luca ed Enzo Palumbo e l'altro con Pietro Paganini, ho avuto modo di riscontrare quanto sia presente, nella cultura dei Liberali italiani, il vivo ricordo del pensiero e dell'opera di un grande e illuminato liberale, Salvatore Valitutti, che fu Ministro della Pubblica Istruzione nella prima Repubblica. Valitutti prima di diventare Ministro aveva maturato una ricca esperienza in materia scolastica tanto è vero che era stato anche un “burocrate” della scuola. Infatti era stato Provveditore agli Studi e, col suo impegno lavorativo oltre che col suo impegno politico e culturale, aveva dimostrato in vario modo quanto fossero importanti le idee dei liberali nella società italiana. Per onorare la memoria di Valitutti, riporto qui di seguito un suo scritto molto significativo per diversi aspetti:  “… Noi oggi sentiamo il bisogno di restituire la scuola a se stessa e perciò di restituirla alla cultura, all’autonoma e viva cultura. La nostra Costituzione nell’art. 33 dice solennemente: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Per restituire la scuola a se stessa dobbiamo, per l’appunto, farne la sede del magistero dell’arte e della scienza, indispensabili per la formazione dei giovani ad uomini veramente liberi, cioè capaci di vivere e di operare nel mondo della libertà che è il mondo dello spirito creatore.” … “Abbiamo bisogno della filosofia, della storia, della matematica, della fisica, della chimica e delle altre forme della cultura artistica. Forse dobbiamo rinunciare a questo ricco e nutriente patrimonio per nutrirci solo del cinematografo della radiotelevisione e del giornalismo? Certamente no!” Avere un vivo ricordo del pensiero e delle opere di Valitutti è molto importante non solo per la scuola, ma anche per il vasto mondo della politica. Valitutti è stato un Uomo dotato di un grandissimo spessore culturale. E fu nominato Ministro della Pubblica Istruzione in un delicato e difficile momento storico perché caratterizzato dal vento delle riforme ispirate e scaturite a seguito degli eventi del '68. Ora stiamo attraversando un periodo in cui l’ignoranza la fa da padrona. Ed è, purtroppo, una ignoranza diffusa attraverso i media con una capacità di penetrazione veramente preoccupante. Per fare un solo esempio cito il caso della ineffabile argomentazione, svolta a telecamere accese da chi occupa i Palazzi importanti del Potere pubblico, secondo cui la Costituzione italiana è frutto di un compromesso catto-comunista. Niente di più sbagliato. Infatti le idee dei liberali sono disseminate in molti articoli della Costituzione. L’art. 33 citato dal liberale Valitutti sul tema della scuola ne è l’esempio. Roma 22 Luglio 2010 Antonio Pileggi

martedì, luglio 20, 2010

Dei delitti e delle pene ...delle persone offese dai reati

In questa breve nota sollevo una questione di cui poco si parla. Le "pene" sulle quali voglio richiamare l'attenzione, non sono quelle trattate nel famoso saggio dell'illuminista milanese Cesare Beccaria, quindi non sono quelle che si scontano nelle patrie galere, ma quelle che colpiscono e che segnano la vita di ogni persona vittima delle attività delittuose. In Italia c'è una grande difficoltà a far valere i diritti di difesa da parte delle vittime di reati. Ciò si verifica prima, durante e dopo che sia instaurato un procedimento penale nei confronti degli autori di crimini. Ci sono le norme previste dall’art. 111 della Costituzione con riguardo al giusto processo e c'è l'obbligatorietà dell'azione penale per il P.M. Ma se il PM non si attiva tempestivamente e adeguatamente c'è il rischio di vedere sfumare ogni tentativo di difesa delle parti civili. Se poi consideriamo la lentezza tipica della Giustizia italiana e l'istituto della prescrizione, che è una vera "manna dal cielo" a favore degli imputati, cosa resta da fare alle vittime di atti delittuosi? Sta di fatto che alle parti civili rimangono spazi del tutto marginali entro cui esercitare il loro diritto di difesa. C'è un grande e diffuso impegno ad affinare gli strumenti di difesa dell'imputato ed è giusto che sia così anche perché l’art. 111 della Costituzione è molto puntuale su questo argomento. Ma a quando un impegno dei legislatori ad affinare gli istituti giuridici a difesa delle parti offese dei reati? Gli imputati, specialmente i colletti bianchi, sanno come destreggiarsi (con l’assistenza di bravi e valenti avvocati) fra le norme in vigore e, de jure condendo, fra le norme da far approvare dai legislatori perché siano rispettati al massimo tutti i loro diritti di difesa. E c’è di più. Per l’imputato eccellente, quasi sempre il giusto processo è un processo da far durare a lungo allo scopo di ottenere una “bella” e risolutiva prescrizione. Invece, le vittime dei reati sono vittime due volte. La prima quando subiscono gli effetti dannosi delle azioni o delle omissioni accertabili penalmente. La seconda quando si accorgono che devono disporre di ingenti somme di denaro per pagare spese legali a difesa dei loro diritti violati con atti di rilevanza penale. Chi è vittima di un'attività criminale si accorge, a sue spese, di avere a disposizione un ordinamento giuridico caratterizzato da norme non adeguate alla difesa puntuale dalla ritardata o dalla denegata giustizia. Roma 19 Luglio 2010 Antonio Pileggi