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Ovviamente non crediamo ai miti pagani o di altra natura. Ma bisogna tenere in gran conto il significato profondo di alcuni miti. Okeanos è quanto mai significativo. I visitatori della Fontana di trevi a Roma conoscono il mito di Okeanos?

Antonio Pileggi
Presidente di Okeanos

venerdì, novembre 05, 2010

LA “RIVOLUZIONE MORALE” INVOCATA DAI LIBERALI con un appello, rivolto anche al Papa, da parte del segretario del PLI, Stefano de Luca

Non accade sovente che il Segretario di uno dei Partiti di ispirazione segnatamente laica scelga la data di una festa religiosa per lanciare un appello rivolto alla generalità dei cittadini, alle forze politiche e sociali e alle stesse gerarchie religiose, Papa compreso. Eppure sul sito del PLI, Partito Liberale Italiano, è apparsa una nota dal seguente titolo:“Un pensiero di Ognissanti del segretario Stefano de Luca: Innanzi tutto rivoluzione morale”. Nell'invocare una “stagione di recupero della eticità dei valori nazionali e del desiderio di un rinnovato orgoglio del lavoro”, de Luca non risparmia critiche: dal degrado morale al degrado idrogeologico, dai tentativi di secessionismo della Lega al pericolo di separatismo della Sicilia, dalla crisi economica al lavoro che manca e che origina una dispendiosa cassa integrazione, dai pericoli che corre l'intero Paese dal fatto che ci siano due regioni, Campania e Calabria, dominate dalla delinquenza organizzata. E non resta nel vago quando indica il modello di moralità auspicata, perché prende a riferimento la “moralità intransigente, di stampo luterano e calvinista” che ha caratterizzato la nascita delle “società più liberali del mondo”. Stefano de Luca ha in mente un disegno politico preciso: “il terzo polo liberaldemocratico” da costituire come  “ una sorta di CLN”. In buona sostanza il PLI ci prova ed osa a far riprendere quota ad un pluralismo che, di fatto e in buona sostanza, è attualmente tagliato fuori dalla scena politica italiana sia perché le due maggiori formazioni politiche (di maggioranza e di opposizione) hanno interesse ad avvicendarsi, a turno e alla stregua di un duopolio, alla guida del Paese e sia perché la ineffabile legge elettorale, definita una porcata dal suo artefice principale, favorisce indecorosamente siffatta situazione. L'analisi politica che fa de Luca è di estrema serietà, come serie e costruttive sono le proposte. Il tempo e i tempi sono spesso determinanti: “tempus regit actum”. In politica la parola mai non esiste e sembrano maturi i tempi per una rivoluzione morale in cui abbiano ampio rilievo il pensiero e la cultura liberale. D'altronde, la ricetta de Luca sembra un antidoto contro le manifeste e ormai dominanti idee di tutti coloro che pensano alla politica come strumento di appropriazione, di tipo feudale, delle pubbliche istituzioni. Sta di fatto che le potenzialità del PLI sono enormi perché ha alle spalle una tradizione di uomini illustri le cui idee e il cui esempio possono essere presi a riferimento per una vera “rivoluzione morale”. I giovani e i meno giovani, nel PLI, potrebbero trovare una miniera inesauribile di pensiero e di cultura liberale di cui appropriarsi per farne una bandiera di rinnovamento. Il pensiero va a Gobetti, a Einaudi, a Valitutti, giusto per fare tre esempi che incarnano tre diversi aspetti: il carattere coraggiosamente rivoluzionario fino al sacrificio personale contro la dittatura fascista (Gobetti), il rigore nel campo politico, istituzionale ed economico (Einaudi), lo spessore culturale (Valitutti). Stefano de Luca ha scelto il momento giusto per lanciare questa singolare iniziativa che si rivolge a laici e cattolici? Sarà raccolto il suo appello? Ci sarebbero altre domande da porre, ma è molto difficile trovare risposte in una situazione (stagione) in cui le forze politiche che si richiamano al pluralismo si trovano svantaggiate per innumerevoli motivi. Novembre 2010.  Antonio Pileggi   Ecco il link dell'articolo: http://www.partitoliberale.it/

lunedì, novembre 01, 2010

La scuola di Adro svela il disegno ancora in atto per destrutturare il sistema scolastico italiano

Non bisogna sottovalutare quanto accaduto e quanto può ancora accadere ad Adro o in altre località. L'episodio dei simboli del partito della Lega imposti in una scuola pubblica di Adro è l'ultimo atto di un disegno preciso rivolto a destrutturare il sistema scolastico italiano. Grazie alle iniziative del quotidiano il Fatto e dei democratici, il Ministro della Pubblica istruzione è stato costretto, con “sorpresa” del sindaco di questo “ardito” comune, a farsi promotore di interventi rivolti alla rimozione dei simboli leghisti. Mentre scrivo questa nota, apprendo dal Corsera e da un telegiornale che, dopo la sorpresa per l'intervento tardivo del Ministro della Pubblica Istruzione, il sindaco ha dichiarato che sarebbe disponibile a rimuovere i simboli della Lega solo a fronte di una richiesta del Capo della stessa Lega. A questo punto la vicenda dimostra che siamo arrivati ad una situazione la cui gravità non può essere sottovalutata. Se al Palazzo della Minerva ci fosse stato un autentico liberale e un vero democratico, penso al Ministro della Pubblica Istruzione Salvatore Valitutti, episodi come quelli di Adro non si sarebbero verificati. Valitutti, che prima di essere nominato Ministro era stato anche Provveditore agli Studi, avrebbe troncato sul nascere una qualsiasi iniziativa come quella del comune di Adro. Adro, com'è noto, ci ha già dato prova di un precedente attacco di tipo discriminatorio nei confronti dei bambini figli di genitori che non avevano pagato la retta della mensa. Lo sconvolgimento, in danno dei bambini, di ogni principio fissato nella Costituzione e nella Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, è anche il connotato di idee e di linee politiche che camminano sulle gambe di una classe dirigente che non si fa scrupolo di agire in spregio ai valori e ai principi che pensavamo fossero patrimonio culturale comune a tutti i cittadini dell'Italia e dell'Europa. Abbiamo constatato quanto sia grave la “semplificazione plebiscitaria” nella gestione, a tutti i livelli, della cosa pubblica. La “semplificazione plebiscitaria” è molto pericolosa perché azzera ogni diritto delle minoranze e facilita sia le esecrabili dittature della maggioranza che il razzismo di vario genere. Solo per restare al livello dei sindaci, non dimentichiamo che sono state introdotte riforme, anche e non solo attraverso leggi elettorali favorite dal partito trasversale dei sindaci, che attribuiscono ad un sindaco più poteri di quanto non ne avesse il podestà. Sono poteri che non trovano più adeguati controlli di natura politica negli organi collegiali elettivi. Ci sono sindaci che nemmeno presenziano ai consigli comunali. D'altronde, la sostanziale mancanza di separazione tra responsabilità politica e responsabilità di gestione è stata accompagnata dalla sistematica demolizione dei sistemi di controllo. E senza un adeguato sistema dei controlli per prevenire e sanzionare abusi e illegittimità, ogni arbitrio diventa possibile. Inoltre, quando non ci sono controlli, diventa difficile anche risalire alle responsabilità, che non possono essere limitate alle remote responsabilità politiche o alle improbabili e impraticabili responsabilità penali. Ad Adro è ormai evidente un disegno politico preciso che vuole demolire la scuola pubblica così come costruita dall'unità d'Italia in poi. E non dimentichiamo che la nostra scuola ha avuto uno sviluppo significativo e importante in sessantadue anni di Repubblica nata dalla Resistenza e regolata da una delle più belle Costituzioni del mondo. Ad Adro, dopo la faccenda della discriminazione dei bambini nella mensa, hanno lanciato con arroganza la provocazione dei simboli della padania. E' da auspicare che, in futuro, ad Adro o in qualunque altro luogo dell'Italia non sia messo in atto il reclutamento diretto e “ad libitum” da parte delle singole scuole di docenti e di personale scolastico. Bisogna stare molto attenti. I problemi della scuola e del sistema scolastico sono molteplici e complessi. Non si esauriscono in aspetti burocratici o in ambiti meramente localistici oppure all'insegna di una esasperata autonomia delle singole scuole. La questione del reclutamento (e della formazione) dei docenti è un aspetto molto serio. Nessuna scuola può essere migliore dei propri insegnanti e nessun grande Paese, nella sua dimensione nazionale ed europea, può avere scuole migliori dei propri insegnanti. Ecco perché i docenti non possono essere formati o assimilati ad una scuola (o ad una idea) di partito. Nelle vicende di Adro ho sentito molti invocare l'intervento del Prefetto e del Provveditore agli Studi. Quanti italiani sanno che dal 2000 i Provveditorati agli studi sono stati soppressi ed è stata anche abolita la professione di Provveditore agli Studi esistente fin dalla legge Casati del 1859? Era una professione composta di circa cento funzionari nell'intero territorio nazionale. I particolari requisiti di alta qualificazione richiesti per l'accesso a tale professione erano valutati dal Ministero della Pubblica Istruzione. I compiti erano delicati perché i Provveditori agli studi erano preposti al presidio della legalità e dello sviluppo del sistema scolastico nel territorio. Il Capo della Lega, Bossi, è un personaggio politico temerario, ma per niente sprovveduto. Chiedeva, fin dalla nascita della sua formazione politica e con insistenza, la soppressione delle Prefetture e dei Provveditorati agli Studi. Per la soppressione dei Provveditore agli Studi è stato accontentato da un governo di centrosinistra. Per la soppressione dei Prefetti (e delle prefetture) non ha insistito perché ha chiesto e ottenuto, dalla destra, il Viminale. Roma 19 Settembre 2010 Antonio Pileggi

Aspettando la mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro Bossi

Roma 28 settembre 2010. Su facebook e sul sito del Capo gruppo PD alla Camera dei deputati, Dario Franceschini, si legge: ''Le parole del ministro Bossi su Roma e i romani definiti ''porci'' hanno superato ogni soglia di tollerabilità e anche nelle reazioni non si può continuare a catalogarle nella categoria delle parole sfuggite o di cattivo gusto ma bisogna recuperare la capacità di reagire nelle sedi istituzionali proprie quando un ministro della Repubblica offende lo Stato, le istituzioni e il ruolo stesso che ricopre pro-tempore.” ...” proporrò alla presidenza del gruppo di presentare una mozione di sfiducia individuale al ministro Bossi''. ''In questo modo l'aula e ogni singolo parlamentare di maggioranza e di opposizione dovranno pronunciarsi individualmente con l'appello nominale sulla conciliabilità delle parole di Bossi e il suo ruolo di ministro''. Questa iniziativa di Franceschini è veramente importante perché sottopone al dibattito nel Parlamento, e non nei teatrini televisivi o nei giornali, l'esame del linguaggio ineffabile usato da chi ha particolari e specifici compiti, retribuiti, nelle Istituzioni democratiche. E' appena il caso di sottolineare che, per la retribuzione dei compiti dei Ministri, si attinge dalle casse dello Stato italiano, cioè dal denaro versato dai cittadini alle istituzioni preposte a raccogliere tasse e contributi. E' quindi venuta l'ora, forse per la prima volta in Italia, di vedere in diretta televisiva la faccia di tutti i deputati, donne e uomini, che daranno la fiducia al ministro Bossi e che, quindi, saranno inequivocabilmente solidali con un personaggio che ha costruito la sua personale fortuna politica e la fonte dei suoi proventi economici (stipendio da ministro compreso) usando e abusando di un ineffabile linguaggio mai adeguatamente contestato e contrastato. Sta di fatto che Bossi è sempre stato, a dir poco, temerario nel linguaggio e nei suoi obiettivi politici e quello che fa e che dice non è da sprovveduto, ma da persona che ha scientemente voluto e vuole l'offesa e le conseguenze delle sue offensive. Ogni suo ineffabile comportamento gestuale o verbale prelude ad uno scopo preciso, che non è solo quello di sviare l'attenzione dell'opinione pubblica da altri importanti e consistenti affari in cui, a vario titolo, è interessato. E' stato sempre così da quando è nata la Lega. Ed è stato sempre un gravissimo errore politico non contrastare tempestivamente e fermamente siffatti comportamenti. Ciò che dice e che fa la Lega non è goliardia o folklore da prendere alla leggera o con un sorriso. Necessitano risposte serie e forti. Bossi, ad ogni "battuta" lasciata senza adeguata contestazione e senza immediato contrasto genera, tra l'altro, la convinzione che il capo della Lega e i suoi seguaci siano onnipotenti. E bisogna essere fermi e decisi, a cominciare dalla moralizzazione nel linguaggio, perché le parole sono pietre e perché l'Italia non è la Jugoslavia alla vigilia della sua frantumazione. Sarebbe ora che si faccia una seria e visibile battaglia per RICORDARE A TUTTI che "i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento...". Ho riportato tra virgolette l'art. 54 della Costituzione, che non è carta straccia, ma la vera bibbia laica del nostro Paese. Antonio Pileggi

I messaggi educativi a base di ineffabili linguaggi, polenta e coda alla vaccinara

Ieri in Piazza Montecitorio, davanti al Parlamento, è stata celebrata una sceneggiata a base di polenta e coda alla vaccinara in un sorprendente rito tra politici della medesima parte politica che hanno voluto dimostrare come l'ineffabile linguaggio usato dal Capo della Lega Bossi, quando ha chiamato porci i romani, sia stato il frutto di una battuta scherzosa. Sembrerebbe che, durante la celebrazione, sia stato cantato anche un inno che recita: “che ce ne frega, che ce ne importa”. La vicenda era stata preceduta, per la prima volta in Italia, da un sussulto di dignità di alcuni politici (della parte avversa) che, attraverso un dibattito nel luogo più alto della democrazia partecipativa e rappresentativa, cioè il Parlamento, volevano sfiduciare il ministro Bossi noto per il suo ineffabile linguaggio, linguaggio che ha connotato il successo politico del medesimo Bossi e dei suoi seguaci. E' appena il caso di ricordare che in Italia ci sono brillanti carriere politiche che passano attraverso dichiarazioni e gesti che sono messaggi molto "educativi" del tipo, dobbiamo considerare Roma una "ladrona", dobbiamo essere “cattivi”, dobbiamo segregare in carrozze di tram differenti i non cittadini, dobbiamo fare gesti volgari, dobbiamo insultare la bandiera italiana, etc. Sarebbe stata la prima volta in Italia che linguaggi e gestualità ineffabili sarebbero stati affrontati sotto l'aspetto dell'etica pubblica e sarebbe stata un'ottima occasione per mettere sotto i riflettori la natura, il contenuto e la portata di un importantissimo articolo della Costituzione, cioè l'art. 54 che così recita: "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore...". Diffondere, in occasione della discussione della sfiducia, la conoscenza del fatto che la Costituzione prevede questi comportamenti improntati a disciplina e onore avrebbe disturbato parecchi personaggi che occupano le istituzioni e che sono quotidianamente impegnati a diffondere l'idea che abbiamo una Costituzione “catto-comunista”, “brutta e cattiva e poco adatta alla modernità”, desueta e superata dalla "Costituzione materiale". Avevo sottolineato questi aspetti riferiti alle disposizioni costituzionali con una nota che usa nel titolo il gerundio: “Aspettando la mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro Bossi”. Subito dopo la presentazione formale della mozione di sfiducia, il sussulto di dignità è stato, stranamente, fermato da scuse di Bossi che sarebbero state pronunciate non so bene in quale luogo istituzionale. E la mozione di sfiducia è stata ritirata dal luogo istituzionale dove era stata presentata. Io non ho parole per commentare tutte queste vicende, compresa la sceneggiata a base di polenta e coda alla vaccinara celebrata nella Piazza antistante il Parlamento. Mi limito a sottolineare che la storia della conquista del potere da parte del fascismo e del nazismo è anche la storia della violenza e della rozzezza dei linguaggi (gestualità compresa) usati da gruppi organizzati nel territorio con connotati quasi sempre identitari. Il razzismo, l'antagonismo territoriale, il dichiararsi cattivi, la violenza verbale, sono i caratteri identificativi della sottocultura di tutti i regimi autoritari. La storia insegna che è un gravissimo errore politico sottovalutare il linguaggio violento e rozzo. Tutte le volte che vengono sottovalutati i linguaggi e i messaggi della politica si è destinati a soccombere, specialmente di fronte a chi usa le parole come pietre. Io appartengo alla scuola di pensiero che considera queste pietre le armi letali che possono sottoporre a lapidazione la democrazia e la Costituzione della giovane Repubblica italiana. Roma 7 Ottobre 2010 Antonio Pileggi

Le parole che segnano un periodo storico: ventennio a cavallo della fine del ventesimo secolo ed inizio del ventunesimo

L'uomo, com'è noto, si distingue dagli animali soprattutto per l'uso della parola. E la storia dell'umanità si può scrivere considerando le parole che segnano una determinata epoca. Nel ventennio a cavallo della fine del ventesimo secolo ed inizio del ventunesimo, il vocabolario italiano ha finito con l'assumere connotati e significati che coincidono con l'agenda politica. Il lessico, o meglio la storia del lessico, sta segnando, parola per parola, un'epoca governata da colui, il cavaliere, che decise di scendere nel campo della politica. Quali parole sono entrate nell'agenda politica? Eccone alcune: “escort”, “bunga bunga”, “meno male che Silvio c'è”, “toghe rosse”, “legittimo impedimento”, "trattamento alla boffo", “Papi”, “veline” (non nel senso usato in altra epoca per significare le direttive, ovvero le censure preventive, inviate dal Potere ai giornali del regime), “meteorine”, "mignottocrazia", “lettone di Putin”, “Partito dell'amore”, "Partito del predellino", “ghe pensi mi”, "cucù" nel senso della "diplomazia del cucù". Se a ciò si aggiungono le parole, la gestualità e gli slogan della Lega di Bossi, c'è materiale per scrivere un trattato di storia dell'Italia. Mi fermo qui perché i "confini" si potrebbero allargare a proposito della materia riguardante non solo il contesto, ma anche la nota "contestualizzazione" del peccato e dei peccati. Fuori da tale contesto, ricordiamo altre parole usate in epoche diverse e lontane: « Qui ad Atene noi facciamo così. Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi, per questo è detto democrazia. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende le proprie faccende private. Ma in nessun caso si avvale delle pubbliche cariche per risolvere le questioni private. Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato a rispettare le leggi, anche quelle non scritte la cui sanzione risiede soltanto nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso. La nostra città è aperta ed è per questo che non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così » Il discorso di Pericle tratto da “La guerra del Peloponneso” di Tucidide. Questa nota viene scritta osservando ciò che accade in Italia, addì 29 Ottobre 2010. Antonio Pileggi

martedì, agosto 10, 2010

A proposito dei bandi per progetti didattico-educativi rivolti ad avvicinare le Istituzioni al mondo della Scuola

Roma, 10 agosto 2010. Dal sito del Governo sono state oggi diffuse notizie riguardanti “le iniziative del Parlamento e del Ministero dell’istruzione per avvicinare i giovani ai valori ed ai principi della Carta costituzionale. Per l'anno scolastico 2010-2011, le iniziative vengono, in particolare, rivolte a due eventi: l'attivazione dell'insegnamento, non più a carattere sperimentale, di “Cittadinanza e Costituzione” e il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. I progetti sono rivolti ai differenti gradi di istruzione, nella convinzione che esperienze di questo genere producano effetti sul piano didattico e formativo. Le scuole interessate possono candidarsi presentando, entro il 20 ottobre 2010 agli Uffici Scolastici Regionali, la propria ipotesi di progetto secondo le modalità previste dai relativi bandi. Questi, per ciascuna scuola i progetti individuati: scuole secondarie di secondo grado: “Dalle aule parlamentari alle aule di scuola. Unità, Nazione, Costituzione”; classi dell'ultimo biennio delle scuole secondarie superiori: “Un giorno in Senato”; classi quinte delle scuole primarie: “Vorrei una legge che...”: classi delle scuole secondarie di primo grado: “Testimoni dei diritti”; classi dell'ultimo biennio delle scuole secondarie di secondo grado: “Giornata di formazione a Montecitorio”; classi quinte delle scuole primarie e scuole secondarie di primo grado: “Parlawiki: Costruisci il vocabolario della democrazia”. I lavori più significativi saranno pubblicati sul sito nella sezione rivolta ai più giovani e sottoposti a votazione per via telematica”. E' corretto riportare per intero le notizie governative, ma nell'occasione voglio ricordare che proprio ieri, 9 agosto2010, sul sito di Okeanos (www.okeanos.org) sono stati pubblicati due link che possono risultare molto utili. I link sono riportati in calce alla presente nota e consentono di reperire agevolmente il testo originario della Costituzione italiana, per come entrata in vigore il 1° gennaio 1948, e il testo attualmente vigente (anno 2010) che è corredato da apposite note sull'evoluzione normativa riguardante la Costituzione. Le note sono state curate dal Servizio Studi della Corte Costituzionale. Per completezza di informazione, è da premettere che Okeanos è un’associazione culturale senza fini di lucro il cui Statuto sociale è stato scritto con specifico richiamo ai principi fissati in tre Carte di indiscutibile valore universale per la loro natura, il loro contenuto ed il contesto storico in cui sono venute alla luce: la Costituzione della Repubblica italiana; la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo proclamata dall’Assemblea generale dell’ONU il 10.12.1948; la Convenzione di New York del 20.11.1989 sui diritti del fanciullo. Ecco perché sul sito web di Okeanos è stato pubblicato, in formato pdf, il testo della Costituzione della Repubblica italiana così come firmato, a Palazzo Giustiniani, dal Capo Provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, il 27 dicembre 1947. Il testo è controfirmato da Umberto Terracini, Presidente dell'Assemblea Costituente, da De Gasperi Alcide, Presidente del Consiglio dei Ministri e comprende il visto del Ministro Guardasigilli Giuseppe Grassi. Colgo l'occasione per ricordare che, nel giugno 2006, Okeanos aveva segnalato al Presidente del Consiglio pro-tempore il fatto che sul sito ufficiale del Governo c'era un testo costituzionale modificato e aggiornato a tutto il 2006 senza alcuna annotazione riferita al testo firmato dai Padri costituenti. A seguito di questa segnalazione, il Presidente Prodi rispose prontamente al Presidente di Okeanos assicurando che “Per quanto riguarda il sito del Governo, al quale stiamo lavorando per renderlo più “aperto” e ricco, sicuramente avrà già notato che nel frattempo è stato aggiornato con il testo corretto e annotato della nostra Carta Costituzionale.” Analoghe assicurazioni giunsero da parte del Ministro per le Riforme e l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione, Luigi Nicolais e dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio pro-tempore, Enrico Letta, il quale scrisse: “Relativamente alla Sua sollecitazione sono dunque lieto di poterLe comunicare che la “carenza informativa” da Lei segnalata è stata prontamente colmata e pertanto il testo della Costituzione, fruibile dal sito internet del Governo, è ora corredato dalle relative note”. Antonio Pileggi NOTA BENE: I LINK SI TROVANO SUL SITO WEB www.okeanos.org

mercoledì, luglio 28, 2010

I MALANDRINI DI COLLODI

Derubato da malandrini, va a chiedere giustizia, ma il giudice lo manda in prigione dove resta per 4 mesi. Successivamente dichiara di essere un malandrino e non un semplice derubato. A questo punto il carceriere, levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli apre le porte della prigione e lo lascia scappare. Questo, in poche parole, è il riassunto dell'episodio che fa luce sul sistema giustizia e sul sistema carcerario del mondo descritto da Carlo Collodi. Rileggiamo, testualmente, l'episodio. ”Pinocchio alla presenza del giudice raccontò per filo e per segno l'iniqua frode di cui era stato vittima; dette il nome, il cognome e i connotati dei malandrini, e finì col chiedere giustizia. Il giudice lo ascoltò con molta benignità: prese vivissima parte al racconto: s'intenerì, si commosse e quando il burattino non ebbe più nulla da dire, allungò la mano e suonò il campanello. A quella scampanellata comparvero subito due can mastini vestiti da giandarmi. Allora il giudice, accennando Pinocchio, ai giandarmi, disse loro: “Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d'oro: pigliatelo dunque e mettetelo subito in prigione.” Il burattino, sentendosi dare questa sentenza fra capo e collo, rimase di pincisbecco e voleva protestare: ma i giandarmi, a scanso di perditempi inutili, gli tapparano la bocca e lo condussero in gattabuia. E lì v'ebbe a rimanere quattro mesi: e vi sarebbe rimasto anche di più, se non si fosse dato un caso fortunatissimo. Perché bisogna sapere che il giovane Imperatore che regnava nella città di Acchiappa-citrulli, avendo riportato una grande vittoria contro i suoi nemici, ordinò grandi feste pubbliche, luminarie, fuochi artificiali, corse di barberi e velocipedi, e in segno di maggiore esultanza, volle che fossero aperte le carceri e mandati fuori tutti i malandrini. “Se escono di prigione gli altri, voglio uscire anch'io” disse Pinocchio al carceriere. “Voi no”, rispose il carceriere perché voi non siete nel bel numero...” “Domando scusa”, replicò Pinocchio, “sono un malandrino anch'io”. “In questo caso avete mille ragioni” disse il carceriere; e levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli aprì le porte della prigione e lo lasciò scappare. Malandrini e vittime di reati, nel mondo descritto da Collodi, sono sottoposti ad un trattamento che privilegia i malandrini, nei confronti dei quali c'è effettiva benevolenza da parte del giudice, del carceriere e, ovviamente, dell'imperatore. In carcere ci finiscono e ci restano i poveri diavoli, mentre i malandrini hanno e godono di leggi di favore, di porte del carcere aperte e di “rispetto”. Antonio Pileggi

giovedì, luglio 22, 2010

Le idee dei Liberali italiani sulla scuola

Il 21 luglio 2010, nella Sala delle Colonne della Camera dei Deputati, il Partito Liberale Italiano ha organizzato un interessante evento per affrontare il tema delle riforme. I lavori sono stati coordinati da Pietro Paganini. E’ stata messa a fuoco la situazione politico-istituzionale italiana nel contesto della grave crisi del Paese senza perdere di vista il contesto internazionale che è stato illustrato direttamente da un significativo intervento di Emil Kirjas – Segretario Generale Liberal International. A cominciare da Stefano De Luca, Segretario del Partito Liberale, tutti i relatori hanno offerto utili spunti di riflessione sulle possibili iniziative politiche dei Liberali. Sarebbe troppo lungo citare i diversi interventi che sono stati tutti interessanti sia per la capacità di analisi che per i contenuti delle proposte formulate. Nel convegno non sono mancati i riferimenti alla formazione, alla provenienza e alla composizione della classe dirigente nell’attuale panorama politico-istituzionale italiano. Il tema della scuola è stato accennato in qualche intervento, ma non è stato analizzato in dettaglio a causa della molteplicità degli argomenti trattati. A margine del convegno, in particolare in due diversi colloqui, uno con Stefano De Luca ed Enzo Palumbo e l'altro con Pietro Paganini, ho avuto modo di riscontrare quanto sia presente, nella cultura dei Liberali italiani, il vivo ricordo del pensiero e dell'opera di un grande e illuminato liberale, Salvatore Valitutti, che fu Ministro della Pubblica Istruzione nella prima Repubblica. Valitutti prima di diventare Ministro aveva maturato una ricca esperienza in materia scolastica tanto è vero che era stato anche un “burocrate” della scuola. Infatti era stato Provveditore agli Studi e, col suo impegno lavorativo oltre che col suo impegno politico e culturale, aveva dimostrato in vario modo quanto fossero importanti le idee dei liberali nella società italiana. Per onorare la memoria di Valitutti, riporto qui di seguito un suo scritto molto significativo per diversi aspetti:  “… Noi oggi sentiamo il bisogno di restituire la scuola a se stessa e perciò di restituirla alla cultura, all’autonoma e viva cultura. La nostra Costituzione nell’art. 33 dice solennemente: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. Per restituire la scuola a se stessa dobbiamo, per l’appunto, farne la sede del magistero dell’arte e della scienza, indispensabili per la formazione dei giovani ad uomini veramente liberi, cioè capaci di vivere e di operare nel mondo della libertà che è il mondo dello spirito creatore.” … “Abbiamo bisogno della filosofia, della storia, della matematica, della fisica, della chimica e delle altre forme della cultura artistica. Forse dobbiamo rinunciare a questo ricco e nutriente patrimonio per nutrirci solo del cinematografo della radiotelevisione e del giornalismo? Certamente no!” Avere un vivo ricordo del pensiero e delle opere di Valitutti è molto importante non solo per la scuola, ma anche per il vasto mondo della politica. Valitutti è stato un Uomo dotato di un grandissimo spessore culturale. E fu nominato Ministro della Pubblica Istruzione in un delicato e difficile momento storico perché caratterizzato dal vento delle riforme ispirate e scaturite a seguito degli eventi del '68. Ora stiamo attraversando un periodo in cui l’ignoranza la fa da padrona. Ed è, purtroppo, una ignoranza diffusa attraverso i media con una capacità di penetrazione veramente preoccupante. Per fare un solo esempio cito il caso della ineffabile argomentazione, svolta a telecamere accese da chi occupa i Palazzi importanti del Potere pubblico, secondo cui la Costituzione italiana è frutto di un compromesso catto-comunista. Niente di più sbagliato. Infatti le idee dei liberali sono disseminate in molti articoli della Costituzione. L’art. 33 citato dal liberale Valitutti sul tema della scuola ne è l’esempio. Roma 22 Luglio 2010 Antonio Pileggi

martedì, luglio 20, 2010

Dei delitti e delle pene ...delle persone offese dai reati

In questa breve nota sollevo una questione di cui poco si parla. Le "pene" sulle quali voglio richiamare l'attenzione, non sono quelle trattate nel famoso saggio dell'illuminista milanese Cesare Beccaria, quindi non sono quelle che si scontano nelle patrie galere, ma quelle che colpiscono e che segnano la vita di ogni persona vittima delle attività delittuose. In Italia c'è una grande difficoltà a far valere i diritti di difesa da parte delle vittime di reati. Ciò si verifica prima, durante e dopo che sia instaurato un procedimento penale nei confronti degli autori di crimini. Ci sono le norme previste dall’art. 111 della Costituzione con riguardo al giusto processo e c'è l'obbligatorietà dell'azione penale per il P.M. Ma se il PM non si attiva tempestivamente e adeguatamente c'è il rischio di vedere sfumare ogni tentativo di difesa delle parti civili. Se poi consideriamo la lentezza tipica della Giustizia italiana e l'istituto della prescrizione, che è una vera "manna dal cielo" a favore degli imputati, cosa resta da fare alle vittime di atti delittuosi? Sta di fatto che alle parti civili rimangono spazi del tutto marginali entro cui esercitare il loro diritto di difesa. C'è un grande e diffuso impegno ad affinare gli strumenti di difesa dell'imputato ed è giusto che sia così anche perché l’art. 111 della Costituzione è molto puntuale su questo argomento. Ma a quando un impegno dei legislatori ad affinare gli istituti giuridici a difesa delle parti offese dei reati? Gli imputati, specialmente i colletti bianchi, sanno come destreggiarsi (con l’assistenza di bravi e valenti avvocati) fra le norme in vigore e, de jure condendo, fra le norme da far approvare dai legislatori perché siano rispettati al massimo tutti i loro diritti di difesa. E c’è di più. Per l’imputato eccellente, quasi sempre il giusto processo è un processo da far durare a lungo allo scopo di ottenere una “bella” e risolutiva prescrizione. Invece, le vittime dei reati sono vittime due volte. La prima quando subiscono gli effetti dannosi delle azioni o delle omissioni accertabili penalmente. La seconda quando si accorgono che devono disporre di ingenti somme di denaro per pagare spese legali a difesa dei loro diritti violati con atti di rilevanza penale. Chi è vittima di un'attività criminale si accorge, a sue spese, di avere a disposizione un ordinamento giuridico caratterizzato da norme non adeguate alla difesa puntuale dalla ritardata o dalla denegata giustizia. Roma 19 Luglio 2010 Antonio Pileggi

martedì, giugno 08, 2010

La marea nera invade il "pianeta blu" mentre si celebra la giornata mondiale degli oceani

L'8 giugno è la Giornata Mondiale degli Oceani che è nata nel 1992 a Rio de Janeiro durante il Vertice sull'ambiente. Questo è il primo anno in cui viene riconosciuta ufficialmente dalle Nazioni Unite ed è l'occasione per festeggiare gli oceani e per mettere a punto iniziative per difenderli dall'uomo e dalla sua insensibilità ai pericoli che corre l'ambiente del nostro Pianeta. Quest'anno la festa è diventata una giornata di lutto a causa del gravissimo disastro ambientale che si sta consumando nel Golfo del Messico dove una quantità enorme, imprecisata e imprecisabile di petrolio sta inquinando in modo irrimediabile l'oceano Atlantico. La marea nera sta minacciando una vastissima area del Pianeta, il “pianeta blu”. Ecco, in proposito, cosa risulta nel sito ufficiale del WWF: “il disastro della Lousiana ci ricorda ancora una volta di quanto sia urgente e necessario cercare di uscire rapidamente dalla dipendenza dai combustibili fossili, la cui combustione è la principale causa dei cambiamenti climatici. Oggi non ha senso investire per cercare nuovi giacimenti di petrolio, occorre investire per uscirne il prima possibile. 50 anni di ecosistemi compromessi e deteriorati valgono senz’altro una maggiore spinta verso le energie rinnovabili.” Il WWF “mette a fuoco” un altro flagello che sta alterando gli ecosistemi oceanici: la pesca senza regole o in violazione delle poche regole messe a punto dalla comunità internazionale. Tutti i governi nazionali del mondo si sono dimostrati e si stanno dimostrando incapaci nel regolamentare la pesca che è diventata uno strumento di saccheggio distruttivo con conseguenze immaginabili anche sotto l'aspetto dell'impoverimento di importanti risorse alimentari per milioni di esseri umani. Sempre sul sito ufficiale del WWF viene ricordato che: “Risorse marine ben gestite sono vitali per il futuro di milioni di persone in tutto il mondo. Il “Green Economy Report” dell’UE, presentato a New York il mese scorso, stima che in tutto il mondo ci siano 35 milioni di pescatori su 20 milioni di imbarcazioni. Circa 170 milioni di posti di lavoro dipendono direttamente o indirettamente da questo settore, mentre la rete economica collegata alla pesca raggiunge le 520 milioni di persone. Nonostante l’immenso valore del nostro “pianeta blu”, meno dell’1% degli oceani del mondo è formalmente protetto, contro quasi il 14% delle terre emerse protette.” Roma 8 Giugno 2008 Antonio Pileggi

venerdì, giugno 04, 2010

Bersani, Tremonti e Diocleziano ad Anno Zero

Ieri sera, durante la trasmissione televisiva di Anno Zero, Bersani ha citato Diocleziano. Nessuno ha replicato o chiesto spiegazioni sul perché di questa citazione, ma su facebook, puntualmente, non sono mancati gli interrogativi e le perplessità anche perché ad alcuni è apparso fuori posto un riferimento dotto a fronte degli argomenti tutti concentrati sulla drammatica realtà fatta di disoccupazione, di crisi economica, di tasse a carico di categorie più o meno (o per niente) penalizzate. Una brevissima riflessione storica può aiutare a capire il perché Pierluigi Bersani, nella sua qualità di leader del Partito Democratico, ha ritenuto di citare questo imperatore romano. Perché proprio Diocleziano? Diocleziano viene ricordato, tra l'altro, perché la sua prima preoccupazione fu quella di salvaguardare i confini dalle frequenti incursioni dei barbari e di risolvere il problema della successione per porre fine alle usurpazioni e alle lotte fratricide. Contemporaneamente attuò una serie di riforme politiche, economiche e amministrative per stabilizzare il potere imperiale e per tentare di risollevare la situazione economica che si era creata negli ultimi decenni. E con il famoso editto che porta il suo nome, tentò di rivalutare la moneta e di combattere l'inflazione. Dopo venti anni di regno chiamò a succedergli Galerio e, in seguito, prese parte alla nomina ad imperatore di Licinio, rifiutando la sua riacclamazione. Insomma, la citazione di Diocleziano non sembra per niente una divagazione fuori luogo, bensì un riferimento storico del lontanissimo passato che vuole (vorrebbe?) indicare una strada da percorrere nel presente e nel futuro. Roma 4 Giugno 2010 Antonio Pileggi

domenica, maggio 16, 2010

Una pubblica amministrazione "feudalizzata"

Reclutamenti di dirigenti senza procedure concorsuali e omesse o ritardate assunzioni di dirigenti previsti per Legge, dimostrano un uso delle risorse umane nelle pubbliche istituzioni non certamente ispirato al buon andamento e alla imparzialità dell’amministrazione. Quasi sempre questi comportamenti si accompagnano a: - innumerevoli forme di consulenze esterne o incarichi esterni; - improprie sostituzioni di funzioni dirigenziali; - pretestuose attese di “tempi opportuni” scelti ad libitum per colmare le carenze di organico. Alcune norme hanno aperto dei piccoli varchi che prevedono specifiche e limitate eccezioni al principio generale del reclutamento per concorso. Sono varchi che si tenta sempre di allargare al massimo, spesso con interpretazioni azzardate. Attraverso questi pertugi vengono reclutati pubblici dipendenti che, in molti casi, sono lontani dal senso dello Stato e vicini a chi li ha fatti oggetto della “donazione” di un ambito posto di lavoro. L’uso distorto di risorse umane e di risorse finanziarie non è solamente una forma di malcostume, ma fa parte di un processo di grave appropriazione delle pubbliche istituzioni con conseguente grave sconvolgimento delle fondamentali norme costituzionali che, all’art. 97, prescrivono testualmente: “i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso…”. Questa forma di appropriazione è, di fatto, la “feudalizzazione” della Pubblica Amministrazione, una feudalizzazione che si potrebbe anche definire una speciale forma di spoil system all’italiana. Per descrivere il feudo, i feudatari, chi sta in testa e chi sta sotto al feudo, non sono stati spesi e non si spendono fiumi di inchiostro come, invece, è avvenuto nel caso dei “fannulloni” schiaffati in prima pagina. Infatti ha trovato molto ascolto la descrizione mediatica del così detto “fannullone” perché la gente percepisce ed è a conoscenza, in quanto spesso ne è vittima, delle inefficienze della Pubblica Amministrazione. Gli addetti a lavori sanno bene che il fenomeno del fannullone è quasi sempre conseguenza delle responsabilità, a cascata, delle azioni e delle omissioni che riguardano il governo della dirigenza pubblica. Questa responsabilità a cascata non è esclusa dai “principi di organizzazione” introdotti dalla legislazione relativa alla separazione tra compiti e responsabilità di indirizzo e programmazione e compiti e responsabilità di gestione. La separazione viene spesso interpretata come un metodo per scaricare sui dirigenti le responsabilità di gestione per scelte di chi li recluta e dà loro, o dovrebbe dare, le direttive. Poco si discute sulla feudalizzazione che è all’origine delle inefficienze e delle inadeguatezze strutturali e funzionali delle pubbliche istituzioni e che si manifesta sotto diverse forme, a cominciare dalle forme di reclutamento dei pubblici dipendenti. D’altronde, nulla si dice che spesso i dirigenti e i pubblici dipendenti, dotati di esperienza e di ineccepibile professionalità, spesso si trovano in serie difficoltà operative perché hanno a che fare con una produzione legislativa spesso caotica e contraddittoria, con assoluta mancanza di valutazione di impatto delle leggi, con funzioni di indirizzo carenti o inappropriate, con croniche carenze di organico. In definitiva, chi svolge con senso del dovere il proprio servizio all’interno della Pubblica Amministrazione spesso finisce per fare da parafulmine alle inefficienze di un sistema malato dalla “testa”. Un sistema in cui le responsabilità sono da considerare a cascata, dalla testa in giù. E’, quindi, sempre attuale il vecchio adagio secondo cui il pesce puzza dalla testa. Chi c’è in testa? In testa ci sono gli Organi che hanno la responsabilità di indirizzo e di programmazione nelle pubbliche istituzioni. Sono Organi che, approdati al loro posto di “comando”, dovrebbero curare con particolare attenzione come programmare e indirizzare le risorse umane e finanziare che hanno a disposizione e come garantire il reclutamento del personale con regolare procedura concorsuale che assicuri merito e professionalità, nell’interesse dei cittadini. Antonio Pileggi Questo post è il contenuto di un articolo sul quotidiano Europa il 18 agosto 2009

COSTITUZIONE: confronto delle idee di Brunetta e di Berlusconi con quelle di Amintore Fanfani

Brunetta e Berlusconi dovrebbero meditare a lungo su quanto affermato da Amintore Fanfani a proposito della Costituzione. Un Ministro della Repubblica italiana, che ha giurato di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione, ha ritenuto di esprimere, a proposito del primo e fondamentale art. 1 della Costituzione, il suo giudizio secondo cui "... stabilire che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla". Non trovo parole per rispondere a siffatto modo di giudicare e di commentare il testo scritto dai Padri costituenti. D’altronde, risulta sconcertante ascoltare il Presidente del Consiglio dei Ministri quando si lascia andare a ineffabili commenti sulla Costituzione italiana. Ecco perché sento il dovere civico di ricordare alcune frasi di Amintore Fanfani pronunciate nel corso dell’approfondito e alto dibattito dell’Assemblea costituente a proposito dell’art. 1. “Dicendo che la Repubblica è fondata sul lavoro, si esclude che essa possa essere fondata sul privilegio, sulla nobiltà ereditaria, sulla fatica altrui e si afferma invece che essa si fonda sul dovere, che è anche diritto ad un tempo per ogni uomo, di trovare nel suo sforzo libero la sua capacità di essere e di contribuire al bene della comunità nazionale. Quindi, niente pura esaltazione della fatica muscolare, come superficialmente si potrebbe immaginare, del puro sforzo fisico; ma affermazione del dovere d’ogni uomo di essere quello che ciascuno può, in proporzione dei talenti naturali, sicché la massima espansione di questa comunità popolare potrà essere raggiunta solo quando ogni uomo avrà realizzato nella pienezza del suo essere, il massimo contributo alla prosperità comune. L'ESPRESSIONE "FONDATA SUL LAVORO" SEGNA QUINDI L'IMPEGNO, IL TEMA DI TUTTA LA NOSTRA COSTITUZIONE..." Per chi volesse approfondire ulteriormente l’argomento, si può consultare la Gazzetta Ufficiale del 22 marzo 1947 che riporta l’intero dibattito. Il Gruppo di facebook "Cominciamo dall'art. 1 della Costituzione" ha pubblicato il link per renderne agevole la ricerca. Antonio Pileggi Gruppo di facebook Cominciamo dall'art. 1 della Costituzione

Accordi per cambiare la Costituzione? Rileggiamo la favola di Esopo: il leone, l'asino e la volpe

Apprendiamo di ipotesi di accordi in Parlamento per cambiare la Costituzione italiana. Senza entrare nel merito delle ipotesi di incerta natura e di incerti contenuti che si leggono ogni tanto su alcuni giornali, sembra opportuno tenere in gran conto l'intensità e la consistenza delle “forze” in campo che avessero il desiderio, all'interno del Parlamento, di modificare la Carta fondamentale della Repubblica italiana. Una riflessione a parte potrà essere fatta per le finalità che, attraverso le riforme, vogliano effettivamente perseguire le differenti formazioni partitiche. E' di solare evidenza che, anche per effetto di una ineffabile legge elettorale, nel Parlamento di questa legislatura c'è una schiacciante maggioranza delle forze al governo del Paese. Per esempio, alla Camera dei deputati la maggioranza governativa ha circa 100 deputati in più delle forze di opposizione. Questi rapporti di forza, estremamente “favorevoli” alla maggioranza governativa, non si sono mai verificati nella storia della Repubblica italiana. Di conseguenza, per le opposizioni c'è la necessità di concentrarsi e preparasi con molto impegno sia nelle attività interne al Parlamento e sia nell'eventuale successivo referendum alla stregua di quanto avvenne nel 2006 con la nota battaglia referendaria contro le riforme denominate della Baita di Lorenzago del Cadore. Mentre tutto ciò va accadendo, sembra opportuno rileggere le favole di Esopo. Una favola richiama l'attenzione sull'accordo concluso dal leone, dall'asino e dalla volpe che fecero società fra di loro e se ne andarono a caccia. Quando ebbero fatto un buon bottino, il leone invitò l'asino a dividere tra di loro. L'asino fece tre parti uguali e invitò il leone a scegliere. La belva inferocita gli balzò addosso, lo divorò e poi ordinò alla volpe di far lei le parti. Essa radunò tutto in un mucchio, lasciando fuori per sé solo qualche piccolezza, e poi lo invitò a scegliere. Il leone allora le chiese chi le avesse insegnato a fare le parti così. "E' stata la disgrazia dell'asino", rispose la volpe. Antonio Pileggi Il contenuto di questo post è anche su facebook

Etica pubblica: l'uso del potere e l'accesso ai palazzi dove il potere si esercita

ETICA PUBBLICA: due parole che significano tante cose e che andrebbero tenute in grandissima evidenza. Affrontiamo brevemente la questione dell’etica pubblica sotto due profili: quello dell’uso del potere e quello dell’accesso nei palazzi dove si esercita il potere. In un sistema democratico, chi si volesse candidare ad occupare un incarico che gli consenta di governare una comunità (comunale, provinciale, regionale, nazionale, o fosse anche un'assemblea condominiale o una società di persone in cooperativa) non dovrebbe mai conseguire privilegi per sé, per i suoi familiari o per i suoi sostenitori. L’uso del potere dovrebbe essere inteso ed esercitato unicamente come un servizio per il bene comune. Potere come servizio e non come privilegio è l’unica vera legittimazione del potere. Essere e non solo apparire al servizio del bene comune comporta un serio e fattivo lavoro per servire gli interessi generali dell’intera comunità, cioè gli interessi dell’intero corpo elettorale costituito da maggioranza e da minoranza. Solo così si ha senso dello Stato o senso della istituzione cui si è preposti a seguito di un’assunzione di responsabilità attraverso una procedura elettorale. Sarebbe cosa buona e giusta, in una Repubblica democratica, cioè in un regime non monarchico, l’introduzione di una legge che impedisca la ricandidatura al medesimo incarico per non più di due mandati al fine di evitare formazione di caste e per realizzare un reale avvicendamento nelle cariche pubbliche. Misure di autoregolamentazione all’interno dei partiti dovrebbero porre un argine alle caste ereditarie e al sistema di cooptazione col quale si distribuiscono premi alla fedeltà e alla cieca obbedienza e si consolidano potentati, notabilati e baronie. Nell’esercizio del potere pubblico, di fondamentale importanza è l’efficienza e l’efficacia del sistema dei controlli, da quello politico a quello amministrativo-contabile, da quello di legittimità a quello di merito. I controlli della Corte dei conti dovrebbero essere sempre più pregnanti e le responsabilità per danno erariale non dovrebbero beneficiare dell’istituto della prescrizione. Anche i reati contro la Pubblica Amministrazione non dovrebbero beneficiare della prescrizione. Con regole severe sui controlli e sulla prescrizione, non ci sarebbero tanti incompetenti (nei casi meno gravi) e tanti maneggioni (nei casi più gravi) sempre pronti a sgomitare per occupare cariche pubbliche. Scendendo dal livello politico, che in genere esercita (e dovrebbe solo esercitare) potere di indirizzo e di controllo, al livello della dirigenza amministrativa, che ha la responsabilità della gestione amministrativa, sorgono seri interrogativi sul come possa essere garantito il rigoroso rispetto del dettato costituzionale concernente il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (art. 97 della Costituzione). Infatti, dopo l’introduzione dello spoil system all’italiana, è avvenuta e sta avvenendo una vera e propria “feudalizzazione” della pubblica amministrazione attraverso il reclutamento di dirigenti amministrativi senza procedure concorsuali. Spesso si fa ricorso a consulenze esterne che di fatto si sostituiscono ai compiti, ai doveri e alle responsabilità della dirigenza amministrativa. E, in alcuni casi, dirigenti amministrativi, all’atto dell’assunzione senza concorso, non hanno dovuto dare prova di conoscere il diritto costituzionale. Antonio Pileggi

Scuola: Quando la mensa diventa discriminazione

Nell’Italia del 2010, governata da uno degli uomini più ricchi del mondo, siamo al secondo caso di provvedimenti che penalizzano bambini figli di genitori che non hanno pagato la retta per il pasto a scuola. Nel primo caso è stato dato un panino in sostituzione del normale pasto fornito al resto della classe. Nel secondo caso è stato disposto, per i bambini figli di genitori “morosi”, il loro allontanamento dalla scuola per due ore: dalle ore 12,10 alle ore 14,10. Quello che sta accadendo in Italia è sconcertante. Questo nostro Paese, nel ventunesimo secolo, sta subendo un processo di annullamento di ogni progresso civile e culturale avvenuto nel corso del ventesimo secolo. Chi ha memoria storica di quanto avvenuto nella scuola pubblica italiana negli ultimi 60 anni resta senza parole innanzi a questi ineffabili episodi che avvengono in una sostanziale indifferenza generale. La scuola di un Paese è sempre lo specchio di una società. Ed è lo specchio di ciò che esiste al presente e di ciò che sarà il futuro della società. L’Italia, dal dopoguerra in poi, ha subito una evoluzione sempre più positiva in direzione dello sviluppo e del miglioramento della scuola che è stata via via aperta a grandi masse di giovani e alle metodologie didattiche sempre più attente alla preparazione dei cittadini del futuro. E le indagini internazionali hanno, da molto tempo, attestato che la scuola primaria italiana è ai primi posti nelle classifiche che periodicamente vengono effettuate per misurare il livello di apprendimento dei bambini. Non è il caso di ricordare la successione delle norme avvenute nel secolo scorso per mettere al riparo i bambini da qualsiasi forma di discriminazione sui banchi di scuola. Mi limito solo a sottolineare quanto stabilito nella Convenzione di New York del 1989 che, all’articolo 3, prescrive:“In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”. Io credo che giornali e televisioni, specialmente le televisioni che tanta influenza hanno sull’opinione pubblica italiana, dovrebbero ricordare queste chiare e inequivocabili norme a tutte le Autorità che abbiano a che fare con bambini. E’ inqualificabile approntare giustificazioni del tipo meglio un panino che niente. Ho sentito anche un conduttore televisivo venire in aiuto di un politico messo in difficoltà nel suo tentativo di giustificare l’episodio del panino. Bisogna chiamare con nome e cognome questi episodi: il nome è “vergogna” e il cognome è “vergogna”. Se non si corre ai ripari energicamente nel tenere fuori i bambini da questa nuova forma di violenza, assisteremo ad un ulteriore degrado che compromette il presente e il futuro del nostro Paese. Non è progresso pretendere di sanare i bilanci delle amministrazioni locali attraverso interventi discriminatori a spese dei bambini. Altro che progresso, siamo ad una forma pericolosa di regresso camuffato da progresso. Quando frequentavo la scuola elementare, nel dopoguerra, non c’era il tempo pieno a scuola. E la mensa non era considerata un prolungamento delle attività didattiche. C’era la mensa, ma solo per sfamare i bambini poveri. La mensa era una forma di assistenza. Ebbi modo di apprendere dell’esistenza della mensa attraverso un fatto rimasto scolpito nella mia memoria. Infatti alcuni bambini della mia scuola avevano appeso al collo una specie di medaglietta di alluminio con un numero. Mi spiegarono che si trattava dei bambini poveri che venivano fatti uscire dalla classe prima del termine delle lezioni per andare a mangiare un pasto caldo. Portavano questa collana anche fuori dalla scuola. Alcuni ne erano fieri e contenti perché consentiva loro di uscire dall’aula prima della fine del normale orario scolastico. E i più fieri erano i ragazzi più grandicelli perché erano quasi sempre reduci di bocciature e, quindi, “ripetenti” e senza nessun interesse per lo studio. Ovviamente questa barbara forma di assistenza che imponeva il marchio di povertà fin dai banchi di scuola fu poi abolita. Fu giustificata come “emergenza povertà” da dopoguerra. Poi venne la mensa per tutti intesa come prosecuzione delle attività didattiche da realizzare con tutte le cautele e le metodologie opportune di carattere educativo e formativo. Volendo sintetizzare quanto sia accaduto e quanto stia accadendo si può concludere che siamo passati dalla mensa dei poveri della povera Italia del dopoguerra alla mensa intesa come metodologia didattica che include tutti i bambini per finire alla mensa dei ricchi, nuova e recente mensa “esclusiva”. Povera scuola! Povera Italia! Le Autorità che hanno recentemente costretto i bambini al panino o all’esclusione di due ore dalla scuola durante le “attività didattiche” costituite dalla partecipazione alla mensa, si sono trasformati in “docenti” che impartiscono una “bella” lezione. La pedagogia è affidata agli amministratori locali che vogliono sanare i bilanci a spese degli scolari. E’ la stessa pedagogia che imponeva al collo dei bambini quelle medaglie di povertà del dopoguerra. Siamo, nel 2010, ad un nuovo dopoguerra? Il dopo di quale guerra? Antonio Pileggi il contenuto di questo post è presente sul quotidiano Europa:

domenica, aprile 25, 2010

Partiti e istituzioni, quando gli incarichi sono incompatibili

Il senatore del PD Lucio D’Ubaldo, che è stato uno dei primi a proporre e lanciare su facebook la candidatura di Emma Bonino alla guida della Regione Lazio, ora solleva, sempre su facebook, la questione che riguarda l’impegno a tempo pieno della stessa Bonino nel Consiglio regionale. Dice, il senatore D’Ubaldo, che “Emma Bonino preferisce conservare il suo ruolo di vice-presidente del Senato. É comprensibile! Gli elettori, però, ne reclamano l'impegno nel Lazio. Basta una rassicurazione generica? Un gesto coraggioso sarebbe in ogni caso il vero esempio di moralizzazione che attende la pubblica opinione.” Le osservazioni del Senatore D’Ubaldo sono corrette e direi puntuali. Sono osservazioni che attengono alla coerenza e alla opportunità politica di evitare, altresì, il sempre deprecato cumulo di cariche in capo alle stesse persone. Ma c’è un’altra questione molto importante che, stranamente, non viene sollevata nonostante sia fondamentale per individuare i connotati, il grado e l’intensità dell’etica pubblica. Si tratta della questione riguardante la compatibilità tra incarichi nelle istituzioni e incarichi direttivi nei partiti. Infatti ci sono ruoli istituzionali caratterizzati dall'imparzialità e dal senso dello Stato e, pertanto, tali ruoli dovrebbero essere assolutamente incompatibili con qualsiasi incarico DIRETTIVO dei e nei partiti. Tale incompatibilità, a mio modesto parere, dovrebbe riguardare gli incarichi di Presidente della Repubblica, Presidenti e vice presidenti delle Camere, Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministri e Sottosegretari di Stato, Presidenti delle Commissioni parlamentari permanenti. Per fare qualche esempio significativo, la Bindi, che è Presidente del PD e Berlusconi che è Presidente del PDL dovrebbero dedicarsi alle funzioni pubbliche loro attribuite, con senso di imparzialità e con senso dello Stato, oppure dedicarsi al loro rispettivo ruolo nei Partiti di appartenenza. Tutto ciò non è qualcosa di estraneo alla esperienza storica italiana. Infatti, per un lunghissimo periodo della Repubblica italiana, chi andava a Palazzo Chigi, come Presidente del Consiglio, doveva lasciare gli incarichi di partito a Piazza del Gesù. Poi venne qualcuno che volle restare in entrambi i Palazzi con UNA EVIDENTE IMMEDESIMAZIONE ORGANICA DEL PARTITO NELLO STATO. Si instaurò una ineffabile prassi che continuò con Craxi il quale stava sia a Via del Corso e sia a Palazzo Chigi. E’ la stessa prassi che vede ora Berlusconi a capo del suo Partito e del Governo di tutti gli italiani. Dopo un po’ di tempo dell’instaurazione di questa ineffabile prassi ci fu il crollo dei Partiti esistenti in quella che viene definita la prima Repubblica. Ovviamente è venuta meno, a mio avviso, "la scuola di pensiero" che sfornava statisti e senso dello Stato. Antonio Pileggi N.B. questo post è stato pubblicato sul Quotidiano Europa dell'8 aprile 2010

SCUOLA: QUANDO LA MENSA DIVENTA DISCRIMINAZIONE

Nell’Italia del 2010, governata da uno degli uomini più ricchi del mondo, siamo al secondo caso di provvedimenti che penalizzano bambini figli di genitori che non hanno pagato la retta per il pasto a scuola. Nel primo caso è stato dato un panino in sostituzione del normale pasto fornito al resto della classe. Nel secondo caso è stato disposto, per i bambini figli di genitori “morosi”, il loro allontanamento dalla scuola per due ore: dalle ore 12,10 alle ore 14,10. Quello che sta accadendo in Italia è sconcertante. Questo nostro Paese, nel ventunesimo secolo, sta subendo un processo di annullamento di ogni progresso civile e culturale avvenuto nel corso del ventesimo secolo. Chi ha memoria storica di quanto avvenuto nella scuola pubblica italiana negli ultimi 60 anni resta senza parole innanzi a questi ineffabili episodi che avvengono in una sostanziale indifferenza generale. La scuola di un Paese è sempre lo specchio di una società. Ed è lo specchio di ciò che esiste al presente e di ciò che sarà il futuro della società. L’Italia, dal dopoguerra in poi, ha subito una evoluzione sempre più positiva in direzione dello sviluppo e del miglioramento della scuola che è stata via via aperta a grandi masse di giovani e alle metodologie didattiche sempre più attente alla preparazione dei cittadini del futuro. E le indagini internazionali hanno, da molto tempo, attestato che la scuola primaria italiana è ai primi posti nelle classifiche che periodicamente vengono effettuate per misurare il livello di apprendimento dei bambini. Non è il caso di ricordare la successione delle norme avvenute nel secolo scorso per mettere al riparo i bambini da qualsiasi forma di discriminazione sui banchi di scuola. Mi limito solo a sottolineare quanto stabilito nella Convenzione di New York del 1989 che, all’articolo 3, prescrive:“In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”. Io credo che giornali e televisioni, specialmente le televisioni che tanta influenza hanno sull’opinione pubblica italiana, dovrebbero ricordare queste chiare e inequivocabili norme a tutte le Autorità che abbiano a che fare con bambini. E’ inqualificabile approntare giustificazioni del tipo meglio un panino che niente. Ho sentito anche un conduttore televisivo venire in aiuto di un politico messo in difficoltà nel suo tentativo di giustificare l’episodio del panino. Bisogna chiamare con nome e cognome questi episodi: il nome è “vergogna” e il cognome è “vergogna”. Se non si corre ai ripari energicamente nel tenere fuori i bambini da questa nuova forma di violenza, assisteremo ad un ulteriore degrado che compromette il presente e il futuro del nostro Paese. Non è progresso pretendere di sanare i bilanci delle amministrazioni locali attraverso interventi discriminatori a spese dei bambini. Altro che progresso, siamo ad una forma pericolosa di regresso camuffato da progresso. Quando frequentavo la scuola elementare, nel dopoguerra, non c’era il tempo pieno a scuola. E la mensa non era considerata un prolungamento delle attività didattiche. C’era la mensa, ma solo per sfamare i bambini poveri. La mensa era una forma di assistenza. Ebbi modo di apprendere dell’esistenza della mensa attraverso un fatto rimasto scolpito nella mia memoria. Infatti alcuni bambini della mia scuola avevano appeso al collo una specie di medaglietta di alluminio con un numero. Mi spiegarono che si trattava dei bambini poveri che venivano fatti uscire dalla classe prima del termine delle lezioni per andare a mangiare un pasto caldo. Portavano questa collana anche fuori dalla scuola. Alcuni ne erano fieri e contenti perché consentiva loro di uscire dall’aula prima della fine del normale orario scolastico. E i più fieri erano i ragazzi più grandicelli perché erano quasi sempre reduci di bocciature e, quindi, “ripetenti” e senza nessun interesse per lo studio. Ovviamente questa barbara forma di assistenza che imponeva il marchio di povertà fin dai banchi di scuola fu poi abolita. Fu giustificata come “emergenza povertà” da dopoguerra. Poi venne la mensa per tutti intesa come prosecuzione delle attività didattiche da realizzare con tutte le cautele e le metodologie opportune di carattere educativo e formativo. Volendo sintetizzare quanto sia accaduto e quanto stia accadendo si può concludere che siamo passati dalla mensa dei poveri della povera Italia del dopoguerra alla mensa intesa come metodologia didattica che include tutti i bambini per finire alla mensa dei ricchi, nuova e recente mensa “esclusiva”. Povera scuola! Povera Italia! Le Autorità che hanno recentemente costretto i bambini al panino o all’esclusione di due ore dalla scuola durante le “attività didattiche” costituite dalla partecipazione alla mensa, si sono trasformati in “docenti” che impartiscono una “bella” lezione. La pedagogia è affidata agli amministratori locali che vogliono sanare i bilanci a spese degli scolari. E’ la stessa pedagogia che imponeva al collo dei bambini quelle medaglie di povertà del dopoguerra. Siamo, nel 2010, ad un nuovo dopoguerra? Il dopo di quale guerra? Antonio Pileggi Il contenuto di questo post è stato pubblicato sul quotidiano Europa del 10 Aprile 2010

perché sto con emergency?

1 perché sono Umani che considerano gli ospedali ospedali e non aziende ospedaliere;

2 perché sono cittadini del mondo;

3 perché ripudiano la guerra come indicato dalla Costituzione;

4 perché stanno dalla parte di chi soffre;

5 perchè nobilitano l'appartenenza al genere umano;

6 perché sono missionari laici, senza bandiere;

7 perchè dicono e praticano il NO alla barbarie e il SI alla civiltà. SONO SETTE RAGIONI, SETTE MOTIVI, SETTE RISPOSTE.

E il 17 aprile del 2010 andrò a Piazza S. Giovanni di Roma per stare dalla parte di Gino Strada e dei suoi sodali che chiamano ospedali gli ospedali.

Roma 16 aprile 2010

Antonio Pileggi

Presidente di Okeanos